Le quote di start up e PMI innovative costituite in forma di s.r.l., collocate tramite portali di equity crowdfunding legittimante operanti possono essere inserite nei Piani individuali di risparmio a lungo termine (PIR).
Questa la risposta dell'Agenzia delle entrate ad un interpello (n. 956-1057/2018) con cui Fides Società fiduciaria chiedeva conferma della possibilità di considerare investimento rilevante ai fini PIR, le quote di s.r.l. che non rientrano nella categoria degli strumenti finanziari secondo le disposizioni contenute nel testo unico della finanza, approvate con D.Lgs. 58/1997 (il "TUF")
Il Quesito
L’istante, società fiduciaria attiva nella gestione dei PIR in amministrato, chiedeva di conoscere se rientrano tra gli investimenti qualificati PIR (comma 102, art. 1 legge 232/2016) le quote di PMI costituite nella forma giuridica di s.r.l., comprese le start-up innovative, di cui agli articoli 25 e ss. del decreto legge 18 ottobre 1972, n. 179, e le PMI innovative, di cui all’articolo 4 del decreto legge 24 gennaio 2015, n. 3, collocate anche tramite portali di equity crowdfunding ai sensi dell'articolo 100-ter del decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58 (TUF) e della delibera Consob n. 18592 del 26 giugno 2013 e successive modificazioni ed integrazioni, recante il “Regolamento sulla raccolta di capitali di rischio tramite portali on-line”.
L’interpretazione fornita dall’istante era nel senso di comprendere nella nozione di strumento finanziario rilevante ai fini PIR anche le quote di s.r.l., collocate o meno tramite portali di equity crowdfunding, in quanto comunque rientranti nella nozione di prodotto finanziario e in ragione della finalità della normativa PIR (tra cui, favorire l’accesso delle PMI ai capitali privati).
La risposta dell’Agenzia delle entrate
L’Agenzia, con una articolata argomentazione, accoglie l’istanza, ma limita la nozione di investimento qualificabile ai fini PIR alle sole quote di s.r.l. collocate tramite portali di equity crowdfunding.
Per l’Agenzia, in primo luogo, la definizione di strumento finanziario data nella Circolare 26 febbraio 2018, n. 3/E è riferita, “prima facie”[1] all’art. 1 del TUF e all’elencazione contenuta nell’Allegato I sezione C del testo unico della finanza. Tuttavia, l’elencazione dei singoli strumenti finanziari deve ritenersi aperta “in grado di adeguarsi alla evoluzione dei mercati finanziari”.
In secondo luogo, precisa l’Agenzia, la classe dei valori mobiliari è definita mediante una tecnica esemplificativa, “essendo in essa espressamente ricomprese anche fattispecie diverse da quelle indicate purché assimilabili. In estrema sintesi, i “valori mobiliari” sono quelle categorie di valori che possono essere negoziati sul mercato dei capitali”.
Negoziabilità delle quote
Secondo l’Agenzia la caratteristica degli strumenti finanziari è rappresentata dalla negoziabilità, da intendere quale possibilità del valore di essere oggetto di atti dispositivi e di circolazione in un mercato finanziario.
Le quote di s.r.l. che possono essere offerte al pubblico ai sensi dell’art. 100-ter del TUF presenterebbero le caratteristiche di negoziabilità comuni agli strumenti finanziari, pur non avendo ricondotto, il predetto art. 100-ter, le “quote di partecipazione nel novero degli strumenti finanziari”. L’Agenzia richiama inoltre il documento CONSOB del 12 luglio 2013 relativo all’esito della consultazione sul regolamento in materia di raccolta del capitale di rischio tramite portali on line dove si riconducono le quote di s.r.l. in un concetto allargato di strumento finanziario.
La conclusione dell’Agenzia delle entrate
Poiché le quote di s.r.l. collocate tramite portali di equity crowdfunding secondo la normativa regolamentare (CONSOB) rientrano in una nozione allargata di strumento finanziario, esse, a parere dell’Agenzia, possono essere inserite in un piano di risparmio a lungo termine, nel rispetto di tutte le altre condizioni e vincoli comuni agli investimenti PIR.
Alcune osservazioni
E’ sicuramente importante che l’Agenzia si sia allontanata da una interpretazione rigida della nozione di strumento finanziario, come risultava dalla Circolare 3/E del 2018 ed abbia ammesso, come investimenti qualificati, anche le quote di s.r.l, pur con la precisazione che debbano essere oggetto di collocamento tramite portali di “equity crowdfunding legittimamente operanti”[2].
Tuttavia, la conclusione di ritenere ammissibili come investimenti PIR solo le quote di s.r.l. collocate tramite portali di equity crowdfunding, sembra contraddire alcune premesse poste alla base della risposta ad interpello.
Se la categoria di valore mobiliare è aperta e la negoziabilità rappresenta la possibilità giuridica di scambiare il bene al di fuori di un ristretto numero di operatori, ed anche in assenza di un mercato regolamentato o in sistemi multilaterali di scambio, non si comprende come possano essere escluse ai fini PIR le quote di s.r.l. non collocate tramite portali che presentino le stesse caratteristiche di negoziabilità di quelle collocate tramite portali.
Occorre peraltro tenere presente che è obbligatorio inserire negli statuti delle s.r.l. che collocano le proprie quote attraverso portali, clausole statutarie specifiche che ne limitano la libera circolazione e quindi la negoziabilità. Con la conseguenza che la raccolta tramite portale non aumenta né influisce in alcun modo sulla negoziabilità della quota, almeno sino a quando non si formeranno mercati secondari, come in alcuni Paesi esteri (UK) sta già avvenendo.
[1] Precisazione non rinvenibile, in verità dal testo della Circolare 3/E.
[2]Viene da chiedersi se anche quote acquistate su portali esteri possono beneficiare dell’apertura interpretativa dell’Agenzia. Se il portale opera legittimamente sulla base della normativa del Paese in cui è registrato, non dovrebbero esserci ostacoli. Se il portale è di un Paese UE, non dovrebbero porsi dubbi in forza del diritto comunitario.
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