La Corte di Cassazione, sez. II civ., con l'Ordinanza n. 21503 pubblicata il 31 agosto 2018 torna su due argomenti di particolare rilevanza nell'ambito della pianificazione patrimoniale e nella gestione dei riassetti familiari di ricchezza:
- rapporto tra atti di donazione e tutela dei legittimari
- contenuto dell'azione di riduzione del legittimario pretermesso
Trasferimenti patrimoniali a titolo gratuito, libertà testamentaria e tutela dei legittimari
Nel caso sottoposto alla Corte, con un primo motivo di ricorso i legittimari ritenevano che la Corte di Appello avesse errato nel non ritenere nulla la donazione di beni effettuata in vita dal de cuius compiuta con l'unica ragione di privare il coniuge ed uno dei figli dei diritti
"che erano stati loro precedentemente attribuiti per testamento, ed al fine di effettuare un arricchimento esclusivo del donatario".
La Corte, richiamando la precedente giurisprudenza di legittimità (Cass. n. 9424/2003; Cass. n. 5323/2002), esclude che l'atto di liberalità[1], a favore di terzi o di un successibile (anche se legittimario) possa essere considerato nullo sulla base della volontà del donante di pregiudicare le aspettative successorie dei legittimari. La tutela del legittimario, secondo la Corte, si attua mediante l’azione di riduzione che l’Ordinamento riconosce al soggetto che si ritenga leso nei suoi diritti successori.
Una precisazione importante sembra cogliersi nell’inciso della Corte sul principio di ordine pubblico interno rappresentato dalla tutela dei legittimari. Nonostante le norme a tutela del legittimario siano inquadrabili nell’ambito dell’Ordine pubblico interno[2] ed abbiano conseguentemente natura di carattere imperativo, esse sono state conformate dal legislatore
“con il riconoscimento in favore del legittimario leso o pretermesso dell’azione di riduzione, il cui accoglimento rende l’atto pregiudizievole soltanto inefficace “ex nunc” e nei soli confronti del legittimario vittorioso (in senso conforme di recente, Cass. n. 23278/2013 ed anche in relazione ad una successione “mortis causa” regolata dal codice civile del 1865)”.
L’atto di donazione (o di attribuzione gratuita, in generale), anche se compiuto al fine specifico di avvantaggiare uno solo erede a scapito di altri non può quindi essere, per tale ragione, considerato nullo.
Esso è valido; è inoltre efficace sino alla data in cui il legittimario risulti vittorioso in giudizio.
Violazione della legittima e tutela aquiliana
Queste considerazioni consentono di osservare che l’intenzione del donante (e l'effettiva trasmissione patrimoniale) di avvantaggiare un solo erede oppure un terzo a discapito di altri eredi, non presenterebbe alcun profilo di illiceità. Qualora il legittimario non agisse in riduzione, l’attribuzione acquisirebbe anche la definitiva stabilità.
Poiché la Cassazione afferma che il rimedio previsto dall’Ordinamento è rappresentato dall'azione di riduzione, l’atto donativo in violazione di legittima, anche consapevolmente compiuto per tale fine, non darebbe luogo neppure a lesione di diritti tutelabili ai sensi dell’art. 2043 c.c. verso il medesimo donante (e a maggior ragione verso terzi che abbiano in qualche modo concorso con il donante nella fase esecutiva dell’atto).
Azione di riduzione
Sulla seconda questione esaminata, relativa all’esperimento dell’azione di riduzione, la Corte precisa che è onere del legittimario che agisce in riduzione indicare entro quale limite è stata violata la legittima, previa ricostruzione del relictum e del donatum.
Sia le donazioni dirette che indirette debbono essere ricostruite con riferimento anche alle date in cui sono stati trasferiti i beni in modo da poter produrre in giudizio una esatta ricostruzione della massa ereditaria, dalla quale poter ricavare le quote spettanti ai legittimari e la misura della lesione, oltre all’eventuale ordine delle riduzioni (nello stesso senso, le pronunce richiamate dalla Corte con l’ordinanza che si annota: Cass. n. 20830/2016; Cass. 1357/2017; Cass. n. 14473/2011; Cass. n. 13310/2002).
La spettanza dell’azione trova quindi limiti concreti nella effettiva ricostruzione in giudizio dell’asse ereditario nel tempo, operazione delicata ma necessaria per chi voglia contestare la lesione del diritto.
Trasferimenti in trust liberali
Le conclusioni cui giunge la Corte sulla libertà di donare e disporre per testamento, e sugli oneri processuali a carico del legittimario che agisca in riduzione, valgono per ogni attribuzione di natura liberale. Esse troverebbero quindi applicazione anche nel caso di disponenti che compiono liberalità indirette attraverso trasferimenti della proprietà o di altro diritto reale su beni, in trust o in attuazione di contratti di affidamento fiduciario.
[1] Il caso deciso dalla Corte riguarda donazioni di beni immobili e denaro, ma le relative conclusioni si ritengono estensibili anche ad ogni caso di liberalità indiretta, compreso, pertanto, il trasferimento di beni e diritti in trust aventi causa liberale.
[2] E’ interessante notare il richiamo fatto dalla Corte al solo ordine pubblico interno e non a quello internazionale. Ragione per cui non dovrebbero essere (legittimamente) accolte le istanze di legittimari pretermessi di successioni regolate dal diritto straniero che non riconosce l’istituto della legittima o della riserva di patrimonio a favore dei legittimari (sul punto, recentemente, Scaglione F., Trust e posizione contingente dei legittimari, in Trusts ed attività fiduciarie, 2018, p. 378, ove si richiama la sentenza n.1005 del 27 settembre 2017 della Cassazione francese che affronta la questione relativa ad un de cuius residente in California che aveva devoluto ad un trust di diritto californiano propri beni, escludendo alcuni beneficiari residenti in Francia. La Corte di Cassazione francese non riconosce come principio di ordine pubblico internazionale quello della riserva ereditaria a favore dei legittimari).